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La Corte di Giustizia UE (Grande sezione), con sentenza n. 240 del 4 ottobre 2024, si è da ultimo pronunciata in materia di produzione ed etichettatura di prodotti biologici, precisando come l’articolo 30, paragrafo 2, e l’articolo 33, paragrafo 1, del regolamento n. 848/2018/UE devono essere interpretati nel senso che né il logo dell’Unione europea né, in linea di principio, termini che fanno riferimento alla produzione biologica possono essere utilizzati per un alimento trasformato importato da un paese terzo alle condizioni previste all’articolo 45, paragrafo 1, lettera b), iii), e all’articolo 48, paragrafo 1, di tale regolamento per essere immesso sul mercato dell’Unione come prodotto biologico, se tale alimento, contenendo minerali e vitamine di origine non vegetale, non soddisfa i requisiti derivanti dal combinato disposto dell’articolo 16, paragrafo 1, e dell’allegato II, parte IV, punto 2.2.2, lettera f), di detto regolamento.

Il logo di produzione biologica di tale paese terzo può tuttavia essere utilizzato nell’Unione per un alimento siffatto, anche qualora tale logo contenga termini riferiti alla produzione biologica ai sensi dell’articolo 30, paragrafo 1, del medesimo regolamento e del suo allegato IV.

Nella vicenda affrontata, l’interpretazione letterale dell’articolo 30, paragrafo 2, e dell’articolo 33, paragrafo 1, del regolamento 2018/848, secondo la Corte, è specificamente corroborata dalla struttura dell’articolo 45, paragrafo 1, lettera b), di tale regolamento. Infatti, il legislatore dell’Unione ha inteso distinguere, all’interno dei prodotti importati come prodotti biologici, da un lato quelli conformi ai capi II, III e IV di detto regolamento e, dall’altro, quelli disciplinati da norme equivalenti nel loro paese di origine, riconosciute come tali sia in forza di un accordo commerciale che da una misura unilaterale dell’Unione.

In secondo luogo, tale interpretazione è confermata dagli obiettivi del regolamento 2018/848, e in particolare dalle disposizioni di quest’ultimo relative all’etichettatura dei prodotti biologici, tra le quali figurano l’articolo 30, paragrafo 2, e l’articolo 33, paragrafo 1. Infatti, come risulta dai considerando 6, 9 e 123 del regolamento 2018/848, il quadro giuridico istituito per l’attuazione della politica agricola comune, di cui tale regolamento fa parte a titolo degli strumenti di cui all’articolo 43, paragrafo 2, TFUE, mira a garantire condizioni di concorrenza leale nel mercato interno dei prodotti biologici nonché a mantenere e a giustificare la fiducia dei consumatori nei prodotti etichettati come biologici. A tal fine, il legislatore dell’Unione ha inteso prevedere norme che corrispondano alle grandi aspettative dei consumatori e garantiscano loro una sufficiente chiarezza. La fiducia dei consumatori infatti è fondamentale per il mercato degli alimenti biologici e, al considerando 17, il regolamento mira proprio ad assicurare tale fiducia nonché a tutelare gli interessi coinvolti.

Inoltre, dal considerando 73 del regolamento 2018/848 risulta che l’obiettivo delle sue disposizioni relative all’etichettatura, comprese quelle relative all’uso del logo di produzione biologica dell’Unione europea e di termini che fanno riferimento alla produzione biologica, consiste nel proteggere gli interessi sia degli operatori, che desiderano che i loro prodotti siano correttamente identificati sul mercato dei prodotti biologici e godano di condizioni di concorrenza leale, sia dei consumatori, che devono poter compiere scelte informate.

Per quanto riguarda poi il logo di produzione biologica UE, i considerando da 77 a 79 del regolamento 2018/848 sottolineano la volontà del legislatore che l’uso di tale logo sia disciplinato in modo tale da dissipare ogni ambiguità nella mente dei consumatori in tutto il mercato unionale, da non indurli in errore circa il carattere biologico del prodotto in questione nel suo insieme e da evitare ogni possibilità di confusione circa la provenienza del prodotto dall’Unione o da un paese terzo.

In tale contesto, consentire che termini riferiti alla produzione biologica e che il logo di produzione biologica dell’Unione europea siano utilizzati, nel mercato interno dei prodotti biologici, sia per i prodotti fabbricati nell’Unione o in paesi terzi nel rispetto delle norme di produzione stabilite dal regolamento 2018/848, sia per quelli fabbricati in paesi terzi secondo norme soltanto equivalenti a tali regole di produzione, nuocerebbe alla concorrenza leale nel mercato interno dei prodotti biologici e creerebbe ambiguità che potrebbero indurre in errore i consumatori.

Infatti, in una situazione del genere, questi ultimi potrebbero ritenere che un prodotto recante termini riferiti alla produzione biologica o il logo di produzione biologica dell’Unione europea sia conforme a tutte le prescrizioni stabilite dal regolamento 2018/848, in particolare ai suoi capi II e III, mentre rispetta soltanto norme di produzione del paese terzo da cui è importato equivalenti alle norme di produzione di tale regolamento.

Lo scopo del logo, invece, è proprio quello di informare i consumatori, in modo chiaro e inequivocabile, che il prodotto su cui compare è pienamente conforme a tutti i requisiti stabiliti dal regolamento 2018/848, e non solo a norme equivalenti. Ciò è tanto più vero in quanto tale logo, ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 2, di tale regolamento, costituisce un attestato ufficiale dell’Unione europea.

Fermo restando quanto sopra, dunque, il Reg. 2018/848 mira altresì a introdurre un certo numero di norme applicabili al commercio internazionale di prodotti biologici al fine di facilitare, da un lato, l’approvvigionamento, la disponibilità dell’offerta nonché la soddisfazione della domanda crescente di tali prodotti nell’Unione e, dall’altro, sulla base di intese bilaterali, l’esportazione di prodotti biologici originari dell’Unione verso paesi terzi.

Pertanto, i prodotti importati come prodotti biologici, in base al regime di equivalenza ai sensi dell’articolo 45, paragrafo 1, lettera b), iii), recano il logo di produzione biologica del paese terzo da cui sono importati e tale logo può contenere termini riferiti alla produzione biologica, quali «biologico», «ecológico» o «organic», o derivati e diminutivi di tali termini, quali «bio» o «eco».

A tal riguardo, conclude la Corte, occorre constatare che l’apposizione a tali prodotti importati del logo di produzione biologica del paese terzo da cui sono importati non è in grado di nuocere alla concorrenza leale in seno al mercato interno dei prodotti biologici o di creare un’ambiguità che possa indurre in errore i consumatori. Infatti, l’uso di un logo di produzione biologica di un paese terzo diverso dal logo di produzione biologica dell’Unione europea non solo non colloca i prodotti di cui trattasi sul medesimo piano ai fini della concorrenza, ma non può neppure dare l’impressione che i prodotti importati così contrassegnati siano conformi a tutte le prescrizioni stabilite dal regolamento 2018/848.

Ne consegue che, al fine di garantire l’effetto utile, in particolare, dell’articolo 45, paragrafo 1, lettera b), iii), del regolamento 2018/848, nonché di preservare i poteri che tale regolamento conferisce alla Commissione, i prodotti importati in applicazione di tale disposizione e che hanno accesso al mercato dell’Unione «come prodotti biologici», devono poter utilizzare il logo di produzione biologica del paese terzo da cui provengono, anche qualora tale logo contenga termini identici a quelli riferiti alla produzione biologica ai sensi dell’articolo 30, paragrafo 1, del regolamento UE e del suo allegato IV.