La legislazione alimentare negli ultimi anni ha visto il succedersi di numerose novità: tra queste una delle più importanti ha riguardato l’etichettatura dei prodotti alimentari. Alla base dell’introduzione di questi obblighi c’è la difesa dei consumatori rispetto alle pratiche commerciali scorrette dei produttori, ma anche la tutela della concorrenza e della qualità dei prodotti tipici, sempre più ostaggio dell’aggressione di numerosi alimenti contraffatti, privi delle medesime qualità e potenzialmente dannosi per la salute.
Si tratta di una normativa piuttosto estesa, per cui è opportuno cercare di individuare gli aspetti più importanti della disciplina dell’etichettatura dei prodotti tipici trasformati: natura degli obblighi, soggetti tenuti al rispetto delle norme, sanzioni.
Il Regolamento europeo sulle informazioni alimentari ai consumatori
Il 25 ottobre 2011 il Parlamento e il Consiglio europei hanno adottato il Regolamento 1169/2011/UE, con cui il legislatore comunitario ha inteso fornire una disciplina di settore per tutte le fattispecie relative alla etichettatura degli alimenti. La legge 4/2011 ha recepito per il mercato interno le principali novità concernenti l’etichettatura e commercializzazione dei prodotti alimentari, anche per contrastare il fenomeno della contraffazione ai danni dei prodotti tipici italiani.
È in questa direzione che viene introdotto l’obbligo di inserire sulle confezioni delle merci un’etichetta per i prodotti alimentari trasformati e non trasformati: questa etichetta, come vedremo, deve contenere un gran numero di informazioni che sono dirette ai consumatori, per guidarli consapevolmente nella scelta dei prodotti di migliore qualità. La disciplina, sostanzialmente, distingue i prodotti alimentari in due principali categorie:
- i prodotti alimentari non trasformati, con i quali si intendono i prodotti agricoli: per questi l’obbligo di etichettatura concerne principalmente l’indicazione del luogo di provenienza o di origine (quindi lo Stato in cui l’alimento è stato prodotto);
- viceversa, per i prodotti trasformati, è necessario riportare numerose altre informazioni, tra cui il luogo in cui è avvenuta l’ultima trasformazione, quello di produzione delle materie prime utilizzate (come, ad esempio, il luogo di coltivazione o di allevamento), nonché molte altre indicazioni che si approfondiranno nel prosieguo.
L’etichettatura dei prodotti trasformati
Come si anticipava, l’obbligo di indicazione delle principali informazioni alimentari concernenti i prodotti trasformati è più pervasivo rispetto ai prodotti agricoli. La spiegazione è molto semplice: a differenza dei prodotti della terra, quelli derivati (quali potrebbero essere salumi, dolci e altri prodotti da forno, prodotti industriali e quant’altro) sono più esposti al rischio di mistificazione alimentare e soggetti all’impiego di metodi produttivi o di ingredienti potenzialmente dannosi per la salute.
In particolare, l’obbligo di indicazione della provenienza riguarda gli ingredienti principali e caratterizzanti del prodotto, i quali devono essere sempre elencati esaustivamente sopra l’etichetta. Sono considerati ingredienti tutti i prodotti utilizzati nella fabbricazione e preparazione dell’alimento, purché ancora presenti nel prodotto finito, anche se in forma alterata. Nel caso in cui un ingrediente non risulti più presente nel prodotto finito (si pensi ad un dolce contenente yogurt, che chiaramente non è più provvisto dei fermenti lattici vivi), esso non va indicato; viceversa deve continuare ad essere specificata la presenza dell’ingrediente anche ove questo abbia subito una trasformazione a causa del processo produttivo (tornando all’esempio dello yogurt, questo va comunque indicato, anche se è stato soggetto a cottura).
La denominazione dei prodotti tipici trasformati
Regole ancora più stringenti valgono per l’identificazione e tutela dei prodotti tipici alimentari. In questo caso, in particolare, alle esigenze di protezione dei consumatori si sommano anche quelle di tutela dei produttori dal rischio di alterazione o introduzione in commercio di prodotti che, sfruttando il nome e la fama di un determinato prodotto tipico, si presentano completamente diversi dal punto di vista dei contenuti nutrizionali o dei processi produttivi, così non fornendo le medesime qualità di gusto, salubrità, ecc.
È per questo che il Regolamento e la legge italiana prevedono che il prodotto finale, ma anche gli ingredienti che lo compongono, devono essere indicati con la loro denominazione specifica. Il sistema nominale in questione permette, attraverso l’assegnazione dei marchi di qualità, soltanto ad alcuni produttori di poter commercializzare un bene sotto una determinata sigla, così da consentire l’immediato riconoscimento del prodotto rispetto alle imitazioni.
Gli altri contenuti obbligatori dell’etichetta
Le etichette dei prodotti tipici trasformati devono obbligatoriamente indicare anche altre informazioni specifiche.
In particolare, l’elenco degli ingredienti deve riportare l’esatta composizione degli alimenti, in modo da far emergere l’eventuale presenza di allergeni o di elementi che possono provocare intolleranze alimentari.
L’elenco delle sostanze che devono essere obbligatoriamente indicate è vastissimo: cereali che contengono glutine, crostacei e derivati, uova e derivati, arachidi, soia, latte e derivati (compreso il lattosio), frutta a guscio, molluschi e molto altro.
Inoltre, i produttori devono indicare i componenti nutrizionali, così individuando precisamente valore energetico, ammontare dei grassi (compresi quelli saturi), carboidrati, proteine, sale e zuccheri presenti. Anche questo obbligo non si riferisce ai prodotti alimentari non trasformati e a quelli che non presentano valori energetici apprezzabili, come spezie, caffè, alcolici e così via.
Infine, deve essere indicata la data di scadenza, sia nella confezione esterna che negli incarti della singola porzione. Per i prodotti surgelati, come carne, pesce e simili, bisogna indicare anche il giorno preciso in cui è avvenuto il congelamento.
Chi deve rispettare gli obblighi di etichettatura e quali sono le sanzioni?
Il recente D.Lgs. 231/2017 ha introdotto una disciplina sanzionatoria per la violazione delle norme sull’etichettatura dei prodotti trasformati, individuando i soggetti responsabili, cioè coloro che sono tenuti al rispetto degli obblighi, e le sanzioni applicabili.
Per quanto concerne il primo aspetto, sono considerati soggetti responsabili gli operatori del settore alimentare sotto il cui nome (anche in forma di marchio o brevetto) avviene la commercializzazione del prodotto, mentre se il produttore non è europeo la responsabilità ricade sul soggetto che importa i prodotti in questione.
Le dichiarazioni false sulle etichette possono comportare l’integrazione di un reato; oltre alla disciplina penale, la violazione è punibile ai sensi delle leggi sul consumo con sanzioni pecuniarie dai 3.000 ai 24.000 euro. Altre sanzioni di carattere amministrativo sono previste per la violazione di specifiche regole sull’etichettatura dei prodotti alimentari.
Come adeguarsi agli obblighi di legge
La disciplina appena esaminata, pur apprezzabile dal punto di vista degli obiettivi, si presenta, tuttavia, lacunosa sotto certi aspetti e forse anche troppo dettagliata sotto altri. Non sono mancate difficoltà interpretative, che hanno spesso costretto i produttori a dover impiegare tempo e risorse per adeguarsi ai regimi obbligatori entrati in vigore.
Per questo motivo, se avete ulteriori dubbi sull’argomento o se desiderate una consulenza legale su un altro ambito del diritto alimentare, potete contattarci per ottenere chiarimenti: il nostro studio legale esperto nel diritto alimentare potrà assistervi nel processo di adeguamento aziendale agli standard europei sull’etichettatura dei prodotti tipici trasformati, suggerendo le opportune strategie per conformarsi agli obblighi di legge. Allo stesso tempo, se siete consumatori e avete dubbi sulla correttezza delle prassi commerciali di un’azienda, potrete rivolgervi alla nostra esperta consulenza per ogni tipo di esigenza.